martedì 22 novembre 2011

Oggi la sostenibilità è un obbligo per il business


Dimenticate gli anni - benché non lontani - in cui le pratiche di sostenibilità erano, all'interno delle politiche aziendali, fattori di puro complemento rispetto ai risultati d'esercizio, o lucidi accessori da mettere in mostra per rafforzare il valore reputazionale: oggi la Csr è, quanto meno nelle grandi imprese, una "norma di fatto" e la sua rappresentazione, ossia il reporting di sostenibilità, un "obbligo per il business".

A sostenerlo, confermando un trend peraltro già evidenziato da molti altri segnali, è una ricerca condotta su scala globale dalla Kpmg. L'indagine, forte di dati aggiornati al corrente anno e di un buon track record (viene condotta fin dal 1993), si qualifica come una delle più complete sulla reportistica aziendale in materia di Csr, avendo per base le 100 maggiori società di 34 Paesi, per un totale di 3400 imprese, comprese le 250 più grandi al mondo secondo la classifica di Fortune (comunemente identificate con la sigla G250).

Dallo studio emerge un cambiamento di strategia nel reporting di sostenibilità, sempre più spesso concepito come uno strumento d'innovazione, in grado di veicolare opportunità di business e di rappresentare il valore dell'azienda sia in termini finanziari, sia nello scenario competitivo. In generale, per le 100 società più grandi di ciascuno dei 34 Paesi considerati, la quota di imprese che fanno reporting è salita dal 53% del 2008 al 64% di quest'anno.....

domenica 20 novembre 2011

Piccolo divertissement della parte sociale

Innanzitutto, se vogliamo parlare di Iva non possiamo che precisare che di partita si tratta, ma di quella partita che è un pò di tutti, lungi dalla di-partita anche se in alcuni casi iva è proprio un pò partita. E se proprio vogliamo parlare di fattura nella maggior parte dei casi è di mani-fattura che si tratta e dove, per gli affari che pensano anche un pò a tutti, non c'è fattura che tenga.

mercoledì 9 novembre 2011

Lavorare nello spazio del 'comune'.

Dalla Cina all'Egitto, passando per le grandi città americane, le capitali europee e i nostri piccoli centri abitati. Il fenomeno dei coworking - aree attrezzate dove i freelance possono trovare una scrivania e lavorare, incontrarsi, svolgere riunioni con dienti, collaborare e organizzare eventi - non può più essere considerato una moda passeggera. È un fatto strutturale, che si consolida insieme alla crescita dei knowledge worker e del lavoro indipendente.

«Non è semplicemente una questione di spazi, ma riguarda le persone e il loro modo di lavorare e fare nuove esperienze di condivisione e collaborazione», spiega Jean-Yves Huwart, l'organizzatore della Coworking Conference 2011 di Berlino, un meeting internazionale che ha visto la partecipazione di oltre 300 coworker provenienti da 24 Paesi e quattro continenti. La stima elaborata da Deskmag e presentata nelle giornate berlinesi è di 1.129 spazi di coworking al mondo, 531 negli Usa, 467 in Europa, un'area dove raddoppiano ogni anno, e 70 in Italia.

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Arriva il bond delle reti.

In rete per cogliere opportunità di mercato, puntare ai mercati esteri, innovare. Continua a crescere il numero dei contratti di rete, arrivati a quota 181, e il sistema bancario inizia a muoversi per sostenere il trend. Unicredit lancia un finanziamento dedicato alle imprese, piccole e medie in particolare, che si aggregano.

Un bond delle reti, messo a punto con la collaborazione di Cassa depositi e prestiti, Fondo centrale di garanzia, Confidi, associazioni di categoria ed enti territoriali. Ieri la presentazione nel corso di un workshop sui contratti di rete organizzato a Roma, Gabriele Piccini, country chairman Italia di Unicredit, spiega che verrà «riconosciuto l'impatto positivo del progetto di rete sulle singole aziende componenti attraverso un miglioramento del rating con effetto di riduzione del costo del finanziamento». Il bond sarà lanciato nel gennaio 2012 e avrà una durata di 6 anni oltre ad un collocamento di un anno.

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