Alliance and art

Lavorare nello spazio del 'comune'.
Posted il 09 novembre 2011

Dalla Cina all'Egitto, passando per le grandi città americane, le capitali europee e i nostri piccoli centri abitati. Il fenomeno dei coworking - aree attrezzate dove i freelance possono trovare una scrivania e lavorare, incontrarsi, svolgere riunioni con dienti, collaborare e organizzare eventi - non può più essere considerato una moda passeggera. È un fatto strutturale, che si consolida insieme alla crescita dei knowledge worker e del lavoro indipendente.


«Non è semplicemente una questione di spazi, ma riguarda le persone e il loro modo di lavorare e fare nuove esperienze di condivisione e collaborazione», spiega Jean-Yves Huwart, l'organizzatore della Coworking Conference 2011 di Berlino, un meeting internazionale che ha visto la partecipazione di oltre 300 coworker provenienti da 24 Paesi e quattro continenti. La stima elaborata da Deskmag e presentata nelle giornate berlinesi è di 1.129 spazi di coworking al mondo, 531 negli Usa, 467 in Europa, un'area dove raddoppiano ogni anno, e 70 in Italia.

In Cina sono soltanto cinque. Lo spazio Xin Dàn Wèi di Shangai è il più vecchio, si fa per dire, avendo soltanto due anni di vita, ma ospita oltre 6.000 freelance. Come racconta la proprietaria Liu Yan, per non destare sospetti in un Paese dove per fare il lavoro del consulente bisogna prima convincere i familiari dei clienti, il coworking mette in mostra ai passanti che cosa accade negli "uffici di gruppo" attraverso grandi finestre. E cosa si fa realmente in Cina, negli oltre 30 coworking di Berlino così come a San Francisco, Firenze, Pamplona? Ci si sveglia con un caffè al bar, si lavora da soli o in gruppo, si creano eventi per la comunità di freelance e si sviluppano relazioni. Niente di rivoluzionario dopo tutto.

L'idea di associarsi può nascere nel box di casa o nel sottoscala dell'Ateneo, e diventare perfino un incubatore di piccole imprese con nel caso di Venture Garage, partito grazie a 20.000 euro assegnati dall'Università di Aalto ad alcuni studenti per aprire un coworking che oggi, oltre all'immancabile sauna, ospita sei start-up ogni sei mesi. I coworking non sono comunque zone franche soltanto per giovani, ma aperte a tutti, lavoratori nomadi, ospiti temporanei e anche disoccupati, in cerca di impiego e orientamento.

«Oltre a lavorare, aiutiamo chi cerca un nuovo percorso professionale, in alcuni casi assistiamo anche i suoi progetti di sviluppo commerciale È un nuovo modo di cooperare e al tempo stesso abbassare le spese comuni, soprattutto in quei Paesi come la Grecia in forte crisi», spiega Alexandre Kahn di CoCoAthens. Sono spazi in cui giocare il tutto per tutto, invece, quando lo stato sociale non esiste più, come in Egitto, dove gli unici due coworking del Cairo sono nati sulla spinta dell'entusiasmo che ha portato in piazza migliaia di persone «La rivoluzione - racconta Mazen Helmy di The District-Egypt - ci ha dato coraggio e fatto riscoprire la forza individuale e collettiva, anche nello sperimentare nuovi modi di lavorare insieme».

La formula a ogni modo piace anche nel vecchio Continente, dove nascono coworking per iniziativa di privati, piccole comunità di freelance e grazie all'intervento pubblico. È il caso del Belgio che ha stanziato 600.000 euro all'anno, per i prossimi tre anni, per facilitare lo sviluppo di questi spazi in Vallonia. «I freelance che chiedono finanziamenti devono però essere coinvolti in questo tipo d'attività e comunità», precisa Lisa Lombardi, coordinatrice dell'iniziativa pubblica.

A Parigi, invece, La Cantine ha già aperto i battenti da tre anni e ricevuto da Comune, Provincia e Regione insieme, la bellezza di 200.000 euro all'anno per sviluppare una rete di coworking, ospitare una media di 50 freelance al giorno e oltre 400 eventi all'anno. Al di là dell'investimento, la chiave del successo è comunque la forza della comunità attiva che vive e lavora insieme «Nel nostro caso - racconta Ramon Suarez di Beta Group Coworking di Bruxelles - il progetto è partito da una base di 350 lavoratori digitali, dal popolo di Internet». Lo conferma anche il caso di Lab121 di Alessandria, sostenuto da investimenti pubblici, che ha puntato prima alla costituzione di un gruppo motivato di freelance, poi alla messa a punto dei servizi. «È difficile stare sul mercato come lavoratore indipendente», testimonia anche Alex Hillman del celebre IndyHall di Filadelfia. «In un coworking, tuttavia, ognuno cerca di aiutare gli altri. Sono posti dove andare, essere se stessi, condividere tempo e a volte lavoro. Non conta lo spazio, contano le persone». Alcuni grandi operatori, come TheHUB, hanno aperto sedi nelle maggion capitali europee e americane, ma non mancano esperienze di network tra piccole realtà, come l'italianissimo Coworking Project di Massimo Carraro che conta oggi 58 affiliazioni. «Condividiamo strumenti di promozione e comunicazione - spiega Massimo Carraro - e permettiamo ai coworker di circolare tra gli spazi della rete presenti in Italia. Ogni coworking è indipendente siamo cioè una comunità di comunità, in cui ognuna di esse gode dei vantaggi di tutte le altre». All'appoggio offerto ai lavoratori autonomi il fenomeno dei coworking somma anche nuove opportunità di lavoro diretto per designer di interni, coworking coach, community manager e sviluppatori di servizi online, come nel caso di Enrico Cassinelli ed Enrico Icardi, i giovanissimi inventori di Shared Desks, nuovo motore di ricerca dei coworking nel mondo.

LAVORARE INSIEME FA BENE MA A CASA SI RISPARMIA
Lavorare in un coworking fa bene ai freelance: si perde la sensazione di isolamento, si trovano nuovi contatti e aumenta la produttività individuale.
Lo raccontano  nella seconda Global Coworking Survey condotta da Deskmag e presentata il 3 novembre a Berlino più di 1.500 coworker di 52 Paesi. Voto medio assegnato ai coworking nel mondo: 8,4. I valori principali che si ritrovano sono il senso della comunità (96% dei rispondenti); la libertà (93%); l'indipendenza (86%) e perforo il benessere fisico (85%). In questi spazi non mancano aree di ristoro, per il relax e la collaborazione. I freelance si conoscono quasi tutti per nome, si fidano a lasciare i propri strumenti incustoditi e ottengono anche interessanti miglioramenti nel business.
Il 93% sostiene di avere migliorato le proprie reti sociali, l'86% anche quelle di business. Maggiore produttività e perforo maggiore fiducia in se stessi accompagnano spesso un accrescimento delle competenze lavorative.
Prima dello spazio si apprezzano i "colleghi" d'ufficio al punto che l'86% degli attuali frequentatori non ha programmato spostamenti per il 2012. Per l'anno prossimo i manager prevedono ulteriori incrementi ma nonostante la fiducia e la crescita degli utenti soltanto il 39% dei coworking fa profitti. Un quarto delle iniziative sono tuttavia non-profit. La maggior parte dei promotori ha messo sodi tasca propria, una media di 45.800 euro per 1 avviamento, e trovato un unico principale concorrente: il tetto di casa, amato ancora dai freelance sedentari.

Arriva il bond delle reti
Posted il 09 novembre 2011

In rete per cogliere opportunità di mercato, puntare ai mercati esteri, innovare. Continua a crescere il numero dei contratti di rete, arrivati a quota 181, e il sistema bancario inizia a muoversi per sostenere il trend. Unicredit lancia un finanziamento dedicato alle imprese, piccole e medie in particolare, che si aggregano.


Un bond delle reti, messo a punto con la collaborazione di Cassa depositi e prestiti, Fondo centrale di garanzia, Confidi, associazioni di categoria ed enti territoriali. Ieri la presentazione nel corso di un workshop sui contratti di rete organizzato a Roma, Gabriele Piccini, country chairman Italia di Unicredit, spiega che verrà «riconosciuto l'impatto positivo del progetto di rete sulle singole aziende componenti attraverso un miglioramento del rating con effetto di riduzione del costo del finanziamento». Il bond sarà lanciato nel gennaio 2012 e avrà una durata di 6 anni oltre ad un collocamento di un anno.

Le imprese che usufruiranno del finanziamento potranno beneficiare della compressione dello spread rispetto a un finanziamento tradizionale. Sommando i fondi messi a disposizione da Cassa depositi e prestiti, le garanzie dei Confidi e del Fondo centrale di garanzia, le agevolazioni che potranno arrivare da Regioni o altre istituzioni territoriali, e il beneficio di rating riconosciuto da Unicredit, la riduzione dello spread, spiega Piccini, si aggirerà intorno al 50 per cento. Il workshop organizzato a Roma e aperto da Roberto Nicastro, direttore generale Unicredit, ha evidenziato l'accelerazione dei contratti di rete, «solo tre mesi fa erano 113» ricorda Aldo Bonomi, vicepresidente Confindustria di Confindustria per le politiche territoriali e distretti industriali. Su 181 contratti di rete, oltre 50 sono interregionali, mentre le imprese in rete sono complessivamente 860.

Nell'incontro di ieri si è discusso di esperienze concrete - le reti Ribes di Esaote, Chimera e FarmaFlor - e delle proposte di Confindustria, Confartigianato, Unioncamere, ministero dello Sviluppo economico, Fondo centrale di garanzia per migliorare lo strumento del contratto di rete. In cima alle priorità ci sono semplificazioni burocratiche, relazioni industriali ritagliate sulle esigenze delle reti, competenze professionali specifiche in grado di accompagnare da vicino le imprese nella costruzione e nell'implementazione dei contratti.

Al momento sembra più difficile, invece, attendersi un incremento della dotazione statale per gli incentivi fiscali dedicati allo strumento. «Dobbiamo continuare a promuovere la cultura del contratto - osserva il vicepresidente di Confindustria Bonomi, un modello al quale guardano con interesse anche Germania e Francia Finora su questo tema abbiamo fatto già 90 incontri in giro per l'Italia e credo che raggiungeremo l'obiettivo di zoo contratti entro la fine dell'anno, in anticipo rispetto alla previsione iniziale di maggio 2012. L'obiettivo è quello di realizzare aggregazioni sempre più rilevanti, intersettoriali e con proiezione internazionale»


Reti di impresa per il rilancio: domani a Gardone Val Trompia.
Posted il 27 ottobre 2011

Il Pd dà appuntamento alle Pmi con l'appuntamento «Reti d'impresa per il rilancio» a partire dalle 17,30 di domani all'Auditorium San Filippo di via Don Zanetti 3 a Gardone. L'incontro promosso dai democratici domani a Gardone Val Trompia, in vista della conferenza di Monza.


Il segretario Bisinella: «Vogliamo ascoltare la voce di tutti quegli imprenditori piccoli e medi che il Governo Berlusconi ha dimenticato» All'incontro interverranno Aldo Bonomi, Paola De Micheli, Eugenio Massetti e Stefano Tosi. «Persi 10 anni. Ricostruire sarà impossibile senza liberare le potenzialità delle Pmi» dice Angela Dessi.

Passa da Gardone Valtrompia il cammino del Partito Democratico verso la ricostruzione economica del Paese, e attraverso un focus interamente dedicato alle filiere e alle reti di impresa punta dritto alla Conferenza nazionale per il lavoro autonomo e le piccole e medie imprese del prossimo 26 novembre a Monza. «Perché, spiega il segretario provinciale Pietro Bisinella, il Partito Democratico vuole sentire le voci di tutti quei piccoli imprenditori che il Governo Berlusconi ha dimenticato e partendo dalle loro istanze vuole portare un contributo reale al documento nazionale che detterà le linee guida per il futuro».

L'incontro organizzato, mira ad aprire una finestra di dibattito sulle enormi potenzialità della legge del 2009 sulle reti di impresa, una legge che reca in sè grandissimi vantaggi (fiscali, finanziari e di ricerca) ma che pochi imprenditori hanno saputo sfruttare. «L'essere una piccola realtà produttiva sino ad alcuni anni fa era un valore aggiunto mentre oggi è diventato un handicap», precisa il responsabile provinciale del settore Economia del Pd Matteo Meroni che individua nella creazione delle reti di impresa un importantissimo volano per il rilancio dell'economia del Nord-Est e punta altresì l'accento sul ruolo centrale che in questo processo giocano i lavoratori autonomi, «professionisti seri capaci di sostenere il processo di integrazione e traghettare le aziende in questa nuova dimensione».

«Con l'appuntamento di Gardone e con quelli organizzati in tutte le altre province italiane il Pd vuole testimoniare ancora una volta il suo impegno nei confronti dell'elaborazione di una alternativa credibile a quella attuale» continua il responsabile del settore lavoro Paolo Pagani precisando come «l'Italia abbia perso un decennio» e come «la ricostruzione del Paese sia impossibile senza liberare le potenzialità delle piccole medie imprese». Un presupposto, questo, che lega indissolubilmente le varie conferenze provinciali con quella nazionale di Monza (e prima con quella di Varese) creando una contaminazione tra le istanze del territorio e le linee guida che vedono nella revisione dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, nella riscrittura del patto fiscale (la "famosa" 20, 20, 20), nella lotta all'evasione e nel sostegno all'imprenditoria i cavalli di battaglia per la rinascita economica.

All'incontro di domani pomeriggio (introdotto dai saluti di Pietro Bisinella, del sindaco di Gardone Michele Gussago, del coordinatore del Pd della Valtrompia Emiliano Gallina e del responsabile economia Matteo Meroni interverranno il vicepresidente di Confindustria Aldo Bonomi, la responsabile nazionale delle Pmi del Pd Paola De Micheli, il presidente di Confartigianato di Brescia Eugenio Massetti e il consigliere regionale Stefano Tosi. In apertura vi saranno anche alcune testimonianze di imprenditori e liberi professionisti.



Le imprese fanno rete, la banca fa lo sconto.
Posted il 11 ottobre 2011

Per i piccoli la parola chiave dei prossimi mesi diventerà «stretta creditizia» e stavolta la sensazione è quella di trovarsi in condizioni peggiori rispetto all'ottobre 2oo8, il primo credit crunch della Grande Crisi. Allora la chiusura dei rubinetti bancari si accompagnava a quella che sembrava un'improvvisa discontinuità dei mercati, ora si sa che il rischio è di lavorare dentro una prospettiva di depressione pluriennale con aziende che provengono a loro volta da un biennio difficile. E se dunque il contesto recessivo è decisamente più fosco urgono scelte radicali.

Non basta far legittimamente pressione sulle banche e sulla politica, ma le Pmi sono chiamate a cambiare anche i propri comportamenti. A cominciare dalla creazione di reti di impresa e di aggregazioni, una strada che può consentire loro sul breve di «meritarsi» condizioni di rating più favorevoli. Se vogliamo si tratta di un bonus anti-individualismo che può permettere a centinaia di aziende non solo di evitare la chiusura ma di avere una corsia preferenziale al credito a media gittata. Almeno tre banche si sono già dichiarate favorevoli a questa sorta di scambio con i Piccoli e anche altri istituti stanno valutando l'ipotesi.

I primi a muoversi sono stati quelli dell' Unicredit che nel luglio scorso avevano concluso un accordo con la Confindustria destinato a favorire le reti di impresa. Poi era arrivata la Barclays e nei giorni scorsi un'analoga iniziativa è stata presa dalla Bnl, sempre di intesa con la Confindustria. Sostiene Roberto Nicastro, direttore generale Unicredit: «Sono il primo ad essere preoccupato dal rischio di credit crunch e dalla ridotta dimensione delle aziende che non permette di competere adeguatamente con le imprese estere più strutturate». Partendo da due problemi si può però costruire una soluzione che passa, inizialmente, attraverso la rete di impresa.

La banca ovviamente non entra nel business ma ne diventa «il dodicesimo giocatore» modulando l'intera gamma dei prodotti e degli strumenti finanziari per soddisfare i bisogni di circolante, di investimento e fornendo la più ampia consulenza. «E' evidente che per noi dialogare con una rete è meglio che con una singola impresa — aggiunge Nicastro — Con la crescita della dimensione non basta più un ragioniere che si occupa della finanza aziendale ma ci vorrà un piccolo Cfo, chief financial officer. E di pari passo la rete userà strumenti finanziari più sofisticati. In definitiva se il business diventa più forte anche l'offerta di credito migliora».

In concreto Unicredit si è impegnata a riconoscere quello che chiama «un quid positivo» alle imprese che hanno stretto un vero contratto di rete e abbiano proposto un business plan valido. Anche la Bnl si è mossa in questa direzione sottolineando esplicitamente la necessità di «risolvere il problema della dimensione delle imprese» (Fabio Gallia, amministratore delegato). In concreto le reti potranno usufruire di prodotti finanziari ad hoc e di una sostanziosa riduzione dello spread.

Tutto bene dunque? In realtà dal mondo delle Pmi giungono segnali di insofferenza. Si sostiene che molti istituti di credito stiano disdettando gli accordi sulle garanzie stipulati con le associazioni di rappresentanza e con i Confidi. Per cui da una parte scende verticalmente la richiesta di credito (negli ultimi tre mesi di almeno il 20% rispetto al corrispondente periodo del 2010), dall'altra chi continua a chiederlo per investire si trova davanti a una maggiore selettività e a un costo del denaro molto più alto. Di conseguenza l'utilizzo del «bonus per le aggregazioni» per essere credibile dovrà essere armonizzato con la soluzione degli altri problemi aperti.

Secondo Ivan Malavasi, portavoce di Rete Imprese Italia, «devono essere rafforzati i confronti tra le banche e le associazioni per poter arrivare a una più puntuale individuazione del merito di credito» e nel frattempo «bisogna rimettere ordine all'intera filiera delle garanzie».

Ma al di là di una nuova dialettica banche imprese cosa sta maturando in materia di concentrazione tra le Pmi? La verità, purtroppo, è che si va troppo a rilento. La crisi è ancora più veloce della capacità di rimettere in discussione i vecchi comportamenti. Se condo i numeri forniti da Aldo Bonomi, vicepresidente della Confindustria, sono state realizzate 127 reti che hanno interessato 644 aziende. Non ci sono numeri su aggregazioni dirette tra piccole imprese ma se non si tratta di casi isolati poco ci manca.
Servirebbe una maggiore mobilitazione delle associazioni dei Piccoli, servirebbe che distretto per distretto venissero approntate delle task force capaci di andare sul territorio e stimolare il dialogo più aperto e franco con gli imprenditori. Nell'attesa speriamo almeno che a nessuno venga in mente questa volta di mobilitare di nuovo i prefetti.

RetImpresa e BNL, al via una nuova collaborazione.
Posted il 04 aprile 2011

*Fonte il Sole 24 Ore


Un buon progetto comune consente alle singole aziende un miglior accesso al credito come lo dimostra un prodotto di finanziamento ad hoc per le Reti che si chiama Bnl2xReti e, per i progetti più meritevoli, una riduzione dello spread tra il 15 e il 30%. Questo il cuore dell'accordo sottoscritto da Retlmpresa di Confindustria con Banca Nazionale del Lavoro. L'agenzia Confederale di Confindustria, nata per promuovere l'aggregazione di imprese e lo sviluppo sul territorio delle Reti di imprese che porta a casa il terzo accordo (dopo quello con Barclays e Unicredit).

Il progetto lavora su due fronti. Il primo, alla luce delle crescenti difficoltà incontrate dalle imprese per l'aumento del costo del denaro e degli spread, punta a facilitare l'accesso al credito delle attività organizzate in Reti. Il secondo ha l'obiettivo di creare maggiori economie di scala per la riduzione di costi ed aumentare la capacità di investimento delle Pmi in ambiti come la ricerca e sviluppo o l'espansione in nuovi mercati. Se, però, il progetto di un rating di Rete resta ancora sulla carta - anche per la mancanza di personalità giuridica dello strumento -, le occasioni per le aggregazioni di avere percorsi su misura con il mondo del credito iniziano a realizzarsi. «Con questo accordo - spiega Paolo Alberto De Angelis, responsabile della Divisione Corporate di Bnl - la banca vuole confermare la propria vicinanza al mondo delle piccole e medie imprese, sostenendo i loro progetti d'investimento, soprattutto quelli per l'internazionalizzazione e l'espansione in nuovi mercati, grazie alla rete di Bnp Paribas presente in oltre 80 Paesi al mondo. Le aziende in rete beneficeranno, inoltre, di un prodotto di finanziamento dedicato ai progetti di sviluppo».

Il lavoro degli istituti di credito non finisce qui. Bnl, infatti, come altre banche sensibili allo strumento, sta lavorando per favorire la diffusione del modello di contratto di rete, impegnandosi in incontri con le associazioni di categoria e le imprese sul territorio e individuando un modello di contratto di Rete in conformità con le normative di riferimento.
Per garantire, poi, alle imprese un accesso al credito facilitato alla luce dell'aggregazione si stanno sperimentando modelli di valutazione. «Per giudicare un progetto di aggregazione - spiega Sandro Bianco, della divisione Marketing Italia di UniCredit - è necessario misurare fatturato, redditività e marginalità aggiuntivi, alla luce della Rete, e quindi le maggiori esigenze di finanziamento del circolante e di copertura degli investimenti. È necessaria una valutazione di natura qualitativa e una quantitativa. Un lavoro non facile per la natura ibrida del contratto di rete. Per questo noi prevediamo, all'interno della banca, una figura unica di gestore e di deliberante creditizio che approfondisca la conoscenza del programma di Rete, e valutiamo in particolare le Reti dotate di fondo patrimoniale e organo di governance».

Sulla necessità di aggregazione delle imprese c'è ampio consenso.
«La crescita dimensionale delle aziende italiane - spiega Roberto Dal Mas, responsabile Marketing Imprese del Gruppo Intesa Sanpaolo - diventa elemento strategico per poter competere in nuovi mercati. Per questo Intesa ha deciso di proporre soluzioni articolate pensate per le aziende che decidono di perseguire obiettivi di crescita dimensionale attraverso le differenti forme di aggregazione».
Che il percorso delle Reti sia ancora accidentato, però, si evince dalle testimonianze degli imprenditori. «L'interesse verso lo strumento è grande - spiega Laura Marinelli, presidente di PressCom, azienda di comunicazione che fa parte della Rete Crearete -. La nostra aggregazione fornisce servizi proprio a chi vuole mettersi in Rete. Le richieste riguardano integrazioni verticali o orizzontali. A frenare l'unione, però, intervengono diversi fattori: un'inadeguatezza normativa legata alla novità dello strumento, un limite culturale e un mercato ancora immaturo. Anche a livello degli istituti di credito, infatti, se la Rete è ormai cosa nota negli uffici centrali, nelle filiali periferiche ci si scontra ancora con una conoscenza inadeguata. Ci sono reti, infatti, che fanno ancora fatica ad aprire il conto corrente». Le difficoltà si estendono all'accesso al credito. «Fare un rating di Rete - spiega Massimiliano Bellavista, partner responsabile Keirion e retidimpresa. eu - per un istituto di credito può avere costi superiori ai benefici perché analizzare la solidità delle singole imprese è un lavoro lungo. Per questo va ribaltato il punto di osservazione. Ragionando come un Private Equity, infatti, e valutando prima il business plan, si verifica il possibile ritorno sull'equity e, solo se ne vale la pena, si analizza successivamente la singola solidità delle imprese».

Intervista a Aldo Bonomi, RetImpresa e l'accordo con la BNL: «Ora è necessario investire di più»
Posted il 04 ottobre 2011


*Fonte il Sole 24Ore

« Con la presidente Marcegaglia ci siamo posti l'obiettivo di arrivare a 200 reti entro maggio 2012. Un target molto ambizioso, ma che sentiamo vicino». A quasi due anni dalla nascita di Retlmpresa il bilancio di Aldo Bonomi, vice presidente per le politiche territoriali e distretti industriali di Confindustria e presidente dell'Agenzia confederale delle Reti, è pieno di ottimismo. Centodiciotto aggregazioni nate in poco meno di due anni che coinvolgono quasi seicento imprese. Un segnale forte che indica quanto gli imprenditori siano consapevoli delle potenzialità dello strumento, che può contribuire a superare la frammentazione e il nanismo delle imprese italiane. Cosa vi aspettate dal nuovo accordo con Bnl?

Questo accordo valorizza tre aspetti: innanzitutto facilita l'accesso al credito delle reti, migliorando i meccanismi di valutazione. Bnl, inoltre, ci affiancherà nella diffusione e promozione sul territorio dello strumento con convegni e incontri informativi. Ma, in particolare, questo accordo introduce una novità significativa: il supporto finanziario degli sportelli esteri di Bnl alle imprese in rete che operano all'estero. È un passo importante che guarda all'internazionalizzazione e alla creazione di reti transnazionali. Siete in contatto con altri istituti di credito per accordi sulle reti?
SI, perché il fronte del credito è molto delicato in questo momento. Con la corsa degli spread e le tensioni sui mercati si sta profilando una restrizione dell'accesso al credito che può risultare molto pericolosa perle piccole e medie imprese che stanno tentando la ripresa. Siamo molto preoccupati. Con le banche abbiamo avviato da tempo una stretta collaborazione che si sta rafforzando. Abbiamo siglato accordi che stanno dando risultati importanti e tangibili.
Come giudicate la risposta delle banche italiane alle esigenze delle Reti di imprese?
Gli accordi con le banche si fondano su un miglioramento nella valutazione del rating per le imprese di rete. È un valore aggiunto importantissimo, proprio perché siamo in una fase in cui il credito serve come il pane. Ovviamente, c'è una convenienza reciproca. La banca ha maggiori garanzie sull'esistenza di un progetto di sviluppo e l'impresa diventa più affidabile agli occhi dell'istituto.
Ma non c'è solo il rating, in alcuni casi abbiamo organizzato con le banche attività di formazione e promozione dedicata alle reti. Sta crescendo la sensibilità del sistema verso questo tipo di aggregazione?
Sicuramente l'attenzione sta crescendo. Il contratto di rete è nato un po' dal basso, anche sulla spinta di Confindustria che ci ha creduto sin dall'inizio. Le potenzialità di questo strumento sono state recepite anche a livello istituzionale ed è stato definito un quadro normativo che garantisce anche importanti benefici fiscali. Adesso è stato istituito addirittura un tavolo ministeriale ad hoc per monitorare la situazione. Siamo soddisfatti: il nostro messaggio è arrivato alle istituzioni, ma adesso c'è da lavorare ancora e investire perché il contratto di Rete non resti solo una bella spalletta da appuntarsi sul petto.

 
Se l'impresa si mette in network: la cooperazione tra imprese per superare le dimensioni.
Posted il 29 settembre 2011

*fonte Il Sole 24Ore


RetImpresa e Fondimpresa hanno messo a disposizione uno stanziamento totale pari a un milione di euro e 15mila euro di contributo le aziende in rete che facciano richiesta di voucher formativi.

La sperimentazione avanza: in testa Emilia Romagna, seguono Lombardia e Veneto con 557 imprese che hanno dato vita a 118 contratti. Le dimensioni aziendali, quando la crisi morde, sono quelle che fanno la differenza: consentono migliori economie di scala, permettono di avere maggiore potere contrattuale con i fornitori, danno più forza sui mercati locali e internazionali. Per il tessuto imprenditoriale italiano, storicamente fatto di imprese piccole e medie, è quasi impossibile riuscire a competere sul terreno delle grandi, di quelle che per prime stanno uscendo dall'attuale fase di contrazione. A meno che, con un'opportuna attività di sostegno e formazione verso imprenditori, dirigenti e lavoratori, non si creino delle associazioni di imprese "leggere", delle reti produttive permanenti orientate alla collaborazione e finalizzate al raggiungimento di precisi obiettivi aziendali e strategici comuni, che consentano quindi ai piccoli di migliorare le proprie perfomance e ricominciare a correre grazie alle alleanze così siglate. A questo scopo, nell'aprile 2009 il Governo ha istituito il "contratto di rete", una formula giuridica strutturata che consente a più imprese attive nello stesso o in un diverso settore di costituire tra loro un network di durata più o meno lunga, di una rete quindi, che abbia come scopo primario quello dell'acquisizione di un vantaggio di competitività rispetto alle aziende concorrenti. Banalmente: l'unione fa la forza. Ma affinché lo strumento del contratto di rete, con i vantaggi correlati, sia ben utilizzato è necessario che anche gli imprenditori, i dirigenti e gli impiegati siano pronti ad affrontare la sfida della cooperazione. Proprio per questo Fondimpresa ha lanciato l'Avviso 4/2011, dedicato alla formazione dei lavoratori di una o più Pmi aderenti sugli obiettivi previsti nel contratto di rete a cui partecipano: stanziamento totale di un milione e 15mila euro di contributo per ciascuna azienda che ne faccia richiesta. E gli imprenditori che possono farne richiesta sono in crescita: secondo le ultime rilevazioni di Retimpresa, l'agenzia di Confindustria nata per promuovere i contratti di rete, a oggi sono 557 le imprese che hanno dato vita a u8 contratti di rete in 73 le province e 19 regioni. Tra queste è l'Emilia Romagna quella che ha più sfruttato il contratto, seguita da Lombardia, Veneto, Marche e Abruzzo. Una geografia che in qualche modo rispecchia quella delle imprese nazionali e che non nasconde la criticità struttuale della sottocapi-talizzazione delle nostre aziende: «L'aggregazione delle imprese nasce proprio per questo fine: superare le piccole dimensioni delle imprese affinché esse siano più forti sui mercati - spiega Giuseppe Soda, docente di Organizzazione aziendale alla Bocconi -. In questo modo le aziende hanno la possibilità di collaborare su singoli progetti mantenendo la propria autonomia e flessibilità. Questo però è solo uno dei vantaggi che le aziende ottengono dallo stare in rete». Un sondaggio portato avanti dal ministero dello Sviluppo economico rivela che la maggior parte delle realtà produttive che ha siglato un'intesa con un partner lo ha fatto per la creazione di un marchio di rete, per la riduzione del prezzo di acquisto delle materie prime o per l'acquisizione di maggiore competitività sui mercati. Vantaggi industriali da un lato, agevolazioni fiscali dall'altro: per il solo 2011 il Governo ha stanziato 21 milioni di euro che potranno essere utilizzati dalle imprese che abbiano creato una rete, mentre per il 2012 e per il 2013 i fondi messi a disposizione sono 14 milioni per ciascun anno. «Ma la vera sfida per le reti d'impresa - conclude Soda - si gioca adesso proprio sulla formazione: la condivisione non è una cultura radicata nel nostro tessuto produttivo e per questo servono migliori competenze che accompagnino anche il processo di rilancio».

LA PAROLA CHIAVE E': CONTRATTO DI RETE
Il contratto di rete, istituito con la legge 33 del 2009, è il contratto attraverso il quale più imprese appartenenti a uno stesso ambito o filiera, possono sviluppare dei network finalizzati all'accrescimento della propria competitività. Il rapporto tra le diverse aziende, regolato giuridicamente e vincolato a un comune programma di operatività, è costituito da una collaborazione stabile orientata al raggiungimento di obiettivi strategici di interesse comune da perseguire attraverso lo scambio di informazioni o prestazioni di tipo industriale, commerciale, tecnico o tecnologico. Rappresenta un importante strumento di crescita e di innovazione delle imprese, soprattutto piccole e medie.

L'AVVISO 4/2011 DI FONDIMPRESA
L'avviso specifico di Fondimpresa intende favorire, con la concessione di un contributo aggiuntivo di 15mila euro alle risorse accantonate sul "Conto Formazione" aziendale, la realizzazione di programmi formativi condivisi presentati dalle piccole e medie imprese aderenti che partecipano ai contratti di rete. I piani finanziabili, destinati esclusivamente alle Pmi, dovranno prevedere azioni di formazione destinate ai lavoratori connessi agli obiettivi e alle finalità del contratto di rete e possono interessare l'ambito interaziendale, anche multi regionale, e l'ambito aziendale (della sola impresa che ha sottoscritto con altre un contratto di rete), anche con l'utilizzo dei voucher formativi. Le domande perla partecipazione dei piani dovranno essere presentate a partire dal 3 ottobre 2011 e fino al 30 marzo 2012.

I MODELLI DI SUCCESSO
-Rinnovabili in Lombardia. Risee è una rete d'impresa che coinvolge cinque aziende lombarde attive nelle energie rinnovabili. Nata a Bergamo nel luglio scorso (insieme con la Ressolar sono la Gualini, la Crien, la Crs e la Fms), la rete ha siglato un accordo con Intesa San Paolo per il finanziamento agevolato di progetti di riqualificazione energetica.
-Filature toscane alleate. È toscano il contratto di rete di cui fanno parte cinque imprese (tre di Prato, una di Pistoia e una di Firenze) che progettano e producono apparecchi industriali per il settore tessile. Marvel, questo il nome della rete, ha come scopo quello della realizzazione, della revisione e della vendita di macchinari perla produzione di tessuti e filati.
-La moda insieme in Emilia Romagna. Si chiama Racebo ed è un contratto di rete firmato da undici aziende dell'Emilia Romagna che ha come finalità la condivisione delle informazioni commerciali su tutti i clienti del comparto moda, di una strategia commerciale sui buyers comuni e l'individuazione delle nuove opportunità offerte dal mercato di riferimento.
-Biomedicali nella Penisola. Tredici aziende sparse dalla Lombardia alla Puglia fanno Ribes, Rete Imprese Biomedicali. Costituita nel maggio 2011 ha come obiettivo quello di realizzare, anche attraverso comuni investimenti in innovazione e ricerca, forme stabili di collaborazione perla produzione di medicinali e sistemi di information tecnology per la sanità

Si apre, al Mise, il tavolo permanente per le reti di impresa. 
Posted il 20 settembre 2011

Ieri mattina e per la prima volta, le reti di impresa hanno incontrato il ministero dello Sviluppo economico. Si apre così il tavolo che nelle intenzioni del dicastero diventerà un punto central di confronto sullo stato di attuazione dei contratti, sulle difficoltà incontrate dalle imprese e sugli aspetti organizzativi, amministrativi e normativi da affrontare per rendere lo strumento della rete, pienamente operativo.

Ad accogliere le imprese è stato Giuseppe Tripoli, il mister PMI italiano, che ha presentato un piano ambizioso: una rete delle reti per favorire la comunicazione tra le aggregazioni e dare una spinta ai progetti di internazionalizzazione e di innovazione di processi e prodotti. Baricentro dell'iniziativa proprio il ministero, che intende mettere a disposizione delle imprese una piattaforma online per far condividere le esperienze e le migliori pratiche e che punterà a svolgere un forte ruolo di raccordo rispeto alle esigenze di integrazione o revisione normativa che progressivamente si evidenzieranno mano a mano che le esperienze di aggregazione arriveranno a maturazione.

I numeri aggiornati da Infocamere al 31 agosto scorso confermano la crescita del fenomeno. Dalla stessa data le imprese coinvolte sono più che raddoppiate passando da 242 a 561. I progetti di integrazione sono distribuiti in quasi tutto il Paese e interessano 18 Regioni e 73 Province. . Un fenomeno interessante ma che ancora conta poco dal momento che il tessuto economico italiano ha sei milioni di imprese. Piccole attività che se e quando il sistema delle reti diventasse esteso potrebbero trarre beneficio da collaborazioni con altre imprese, investimenti congiunti , opportunità di aggredire mercati esteri altrimenti irraggiungibili, condivisione di figure professionali qualificate troppo onerose per una PMI da sola. Senza contare i benefici derivanti da una maggiore forza contrattuale delle imprese in rete, nei confronti del mondo del credito.

E' stato il credito uno dei temi di discussione al tavolo di ieri mattino dove si è seduta anche l'Abi. Per favorire le imprese infatti è necessario lavorare con il sistema bancario per arrivare al riconoscimento della rete attraverso modelli di rating ad hoc dove il giudizio sia il risultato del valore
complessivo delle imprese e non della singola attività. Lavoro già iniziato da alcuni istituti che stanno ragionando a tavolo congiunto tra le parti e le Isitituzioni, proprio in tema di credito.

Anche il riconoscimento della rete da parte di tutte le componenti della pubblica amministrazione sarà un nodo centrale nella discussione di ieri, mirata a prevedere facilitazioni e esemplificazioni su misura. L'altro tema in linea con il progetto di network di rete verterà sulla necessità di condividere le migliori prassi organizzative sviluppate sui territori in collaborazione con le Regioni , le associazioni di categoria e le Camere di Commercio.Uno scambio di informazioni che favorirà l'ingresso di nuovi temi all'attenzione del Governo italiano ma anche di quello comunitario. In attesa della approvazione al Senato della legge annuale delle PMI (già licenziata alla camera) il contratto di rete italiano, in linea con la direttiva Small Business Act, 'pensa in piccolo'. Infatti se si guardano i numeri forniti da Infocamere i contratti di rete già sottoscritti- 111- riguardano da 10 a 19 addetti mentre si contano in numero ridotto (12) tra le imprese con più di 500 addetti.

Nel frattempo Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato del Pdl assicura la discussione in aula entro ottobre un testo di legge sulla base della proposta, presentata alla camera, nel settembre del 2009, da Raffaello Vignali. Superando così gli ostacoli della lunga marcia, in Parlamento, per lo Statuto delle imprese.

In arrivo aiuti alle reti di impresa che vogliano esportare.
Posted il 16 settembre 2011

Già nell'incontro con le parti sociali di inizio agosto, il Governo inserì «le reti di impresa con particolare attenzione allo sviluppo del sistema dell'internazionalizzazione» al quarto degli otto punti dedicati alla risposta contro la crisi. Il tema è stato al centro di un incontro ieri tra il ministro dello Sviluppo e gli assessori regionali alle attività produttive. Si lavora per utilizzare le reti di impresa come leva per l'export delle Pmi.

L'unica voce dell'economia italiana che offre segnali incoraggianti è anche una di quelle dove c'è ancora tanto da mettere a punto. Sembra un paradosso ma la fotografia dell'export italiano è questa: il made in Italy continua a tirare ma le aziende attive all'estero, soprattutto tra le Pmi, potrebbero essere molte di più. Parte da questa riflessione Giuseppe Tripoli, capo dipartimento imprese e internazionalizzazione del Ministero dello sviluppo economico nominato sei mesi fa mister Pmi, per spiegare le proposte che potrebbero concretizzarsi a breve. «Dobbiamo applicare sempre di più la logica delle reti anche all'internazionalizzazione per facilitare aggregazione di piccole aziende che altrimenti, da sole, farebbero fatica a presidiare i mercati stranieri». Non è un caso che nell'incontro con le parti sociali di inizio agosto, il governo inserì «le reti di impresa con particolare attenzione allo sviluppo del sistema dell'internazionalizzazione» al quarto degli otto punti dedicati alla risposta contro la crisi. Tema affrontato anche ieri dal Ministro dello sviluppo economico Paolo Romani nell'incontro tenuto con gli assessori alle attività produttive delle Regioni nell'ambito della sede stabile di concertazione. Bisognerà capire se ci sarà.

Facilitazioni e semplificazioni sul fronte doganale. È un'altra delle ipotesi su cui si lavora, sulla scia delle segnalazioni delle imprese che lamentano un irrigidimento dell'Agenzia delle Dogane sul deposito doganale e fiscale ai fini Iva, strumento che consente di non anticipare I'Iva (che verrà poi pagata al momento della vendita effettiva del bene sul territorio nazionale) al momento dell'importazione spazio per interventi mirati già nel decreto sulla crescita che sembra ormai in preparazione. «In questa fase - spiega Tripoli - stiamo approfondendo direttamente con le associazioni delle imprese le loro esigenze. In base alle indicazioni e alle urgenze si deciderà su che cosa intervenire». Le ipotesi? «Un rating particolare per le reti che vanno all'estero e azioni specifiche per superare le difficoltà di tipo doganale sono alcuni dei temi. Inoltre credo che per sfondare all'estero serva un salto tecnologico, per questo potrebbe essere importante prevedere un sostegno per le Pmi che utilizzano l'e-business». Tanti gli incontri effettuati da mister Pmi, anche se è ancora al palo la norma che dovrebbe definirne i compiti (senza comunque prevedere poteri sanzionatori).

Si tratta di uno dei tasselli dello Statuto delle imprese, un testo che dovrebbe restituire priorità alle Pmi ma che, dopo il via libera ottenuto alla Camera il 15 marzo, è ancora fermo al Senato. Di strumenti dunque ce ne sono ancora pochi, per questo per ora il garante delle imprese non può fare alto che attività di ricognizione, preparazione di proposte, coordinamento di incontri internazionali. Come quello che si è svolto lunedì al ministero con il segretario generale delministero delle Pmi indiano, Uday Kumar Varma, i rappresentanti delle piccole e medie.

Un salto tecnologico per non perdere la chance dell'internazionalizzazione. È uno dei punti su cui si sofferma mister Pmi: dagli incontri tematici svolti con le associazioni di categoria è emerso come uno dei punti deboli perle piccole aziende che vorrebbero crescere all'estero. Di qui la proposta: «Potrebbe essere importante prevedere un sostegno perle Pmi che utilizzano l'e-business» imprese (Confindustria, Cna, Confartigianato,Confcommercio, Confapi, Compagnia delle Opere, Confesercenti, Federazione dei Distretti Italiani) e le istituzioni più direttamente coinvolte da Unioncamere ad Assocamere Estero, Promos, Simest e Invitalia, oltre all'unico mister Pmi finora nominato a livello regionale (Lombardia). Una sorta di road show sulle opportunità reciproche.

«L'Italia conta 400 aziende presenti in India - osserva Tripoli - e ha un export verso il Paese in crescita di quasi il 20% rispetto ai 3,4 miliardi messi a segno nel 2010. Le Pmi indiane guardano con interesse al nostro sistema, basato su reti e distretti. A loro volta anche le nostre piccole e medie imprese potranno ambire al mercato indiano se sapranno sfruttare logiche di aggregazione». Il segretario del ministero indiano ha proposto un memorandum of understanding tra i due Paesi che passerà ora al vaglio del ministro dello Sviluppo. «Design, clean technologies e alta formazione - preannuncia Tripoli - sono i primi settori dove è possibile intensificare la cooperazione».

Carmine Fotina su Il Sole 24Ore di giovedì 15 settembre



Energia verde: aggregarsi per competere
Posted il 07 settembre 2011

Aggregarsi: una strategia che vince sempre, anche nel campo delle energie rinnovabili, come nel caso di RinnovaNet, in Puglia, la rete di imprese composta da aziende del settore che, cogliendo le opportunità del contratto di rete, hanno scelto di unirsi. In tutto 11 e 9 quelle pugliesi: Assioma Engineering, Cantieri Generali, Cestaro Rossi & C., Enerdaiet, Energenia, Energy Division by Alberto Santoro, Esp, Latini Angelo, Renergia, Solar Ingegneria, Studio PM. Una compagine che insieme esprime un fatturato di circa 158 milioni di euro, più di 800 occupati, oltre 140 MW di installazioni fotovoltaiche.

A dare supporto alla rete è Promem Sud Est, società partecipata da banche, Camere di commercio, Confindustria Bari e Bat. Diversi i traguardi che si vogliono raggiungere, primo fra tutti promuovere in Puglia la cultura delle rinnovabili con iniziative di sensibilizzazione, formazione, informazione. Come pure individuare opportunità commerciali e sostenere il processo di crescita e consolidamento delle imprese che aderiscono alla rete, ottimizzando una serie di costi.

Un primo passo è stato già fatto: RinnovaNet ha promosso la 5a Giornata dell'energia pulita (12 settembre). Sinergia è la formula per superare i limiti dimensionali delle imprese che compongono la rete, mantenendone salda l'indipendenza, in un'ottica di condivisione di strategie, competenze e risorse comuni, crescita della capacità competitiva e innovativa, grazie pure ad agevolazioni fiscali e a condizioni facilitate di accesso al credito. In sostanza, innovazione sotto ogni aspetto. "Il fatto che Rinnovanet sia composta per larga parte da competitor evidenzia il superamento della tradizionale diffidenza tra concorrenti e una grande novità rispetto alle aggregazioni che riproducono, in piccolo, filiere di settore", afferma Nicola Catalano, presidente di Rinnova-Net. "Il nostro intervento - continua Massimo Leone, a.d. di Promem Sud Est — ha consentito di mettere a sistema un insieme di relazioni già esistenti e di cogliere le opportunità offerte dal contratto di rete che supera le rigidità dell'aggregazione consortile".. Sono già state intercettate opportunità commerciali, tra cui la partecipazione al bando Fondimpresa. ***

Publiredazionale a cura de Il Sole 24 Ore di mercoledì 07 settembre 2011


Nella rete, di imprese.
Posted luglio 2011

In Italia sono 76 i contratti di rete firmati ad oggi, che coinvolgono 388 imprese, 62 Province e 18 Regioni italiane e 26 milioni di euro il credito di imposta dalle aziende richiesto all’Agenzia delle Entrate. Ma vediamo quali sono le notizie grandi e piccole di questa fine di luglio.

Il 21 del mese è stato siglato tra Confindustria, RetImpresa e Unicredit per tramite del suo amministratore delegato Federico Ghizzoni un accordo per le aziende aggregate in rete che consiste in un miglioramento del rating per il loro credito da 0,5 a 2 punti.

Il 23 di luglio sei aziende friulane del settore chimico sottoscrivono nella sede di Confindustria Udine un contratto di rete d’impresa. Il contratto denominato Together for Tomorrow consentirà di realizzare obiettivi e sinergie commerciali e produttive. E, sempre del 23 di luglio, la notizia della nascita a Bari della seconda rete italiana di imprese attive nelle rinnovabili. Si chiama RinnovaNet ed è sostenuta da Promen Sud Est, società partecipata da Banche , Camera di Commercio e Confindustria Bari e Bat e si compone di undici aziende di cui 8 dirette competitors: il suo Presidente è Nicola Catalano. L’altra rete delle rinnovabili è rappresentata dal Distretto Green and High Tech di Monza e Brianza presieduto da Filippo Levati, Amministratore delegato di MX Group e di IFI – Industria Fotovoltaica Italiana.
Anche Giorgio Tabellini, Presidente del Cna Industria, in una intervista pubblicata il 25 di luglio auspica che vengano favoriti i percorsi di aggregazione in rete mediante incentivazione fiscale e di accesso al credito e dano personalità giuridica alla rete e che vengano promossi percorsi di incentivazione all’innovazione dedicati alle Pmi. E’ importante che le imprese italiane trovino una forma di rete e un cambio di passo nella cultura di rete di impresa. Quello di cui si avverte la necessità è di programmazione e di tempi certi per fare investimenti.

Intanto Ivan Malavasi già Presidente di CNA Nazionale, è il nuovo Presidente e portavoce di Rete Imprese Italia , associazione che nasce come evoluzione del “Patto del Capranica”, stretto tra Casartigiani, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti. L’acronimo R.E TE. (Rappresentanza E TErritorio) intende favorire la promozione e il consolidamento delle imprese come componenti fondamentali del sistema economico e della società civile, nonché il riconoscimento del loro ruolo a tutti i livelli di interlocuzione istituzionale e privata.
Anche il neo Presidente di Confindustria Emilia Romagna Gaetano Maccaferri ha affermato durante la conferenza stampa di inizio mandato che vada assolutamente sostenuto lo sforzo di innovazione e di internazionalizzazione delle imprese per favorire i fattori di competitività e la crescita dimensionale anche attraverso le reti di imprese.
Il 27 di luglio è stato siglato un protocollo d’intesa da parte dell’Unione Industriale di Napoli, nella persona del Presidente Paolo Graziano con il Consiglio notarile dei distretti riuniti di Napoli , Torre Annunziata e Nola, nella persona del Presidente Antonio Areniello per promuovere la creazione di reti di imprese, attraverso convegni, tavole rotonde, seminari e piani di lavoro. Graziano, in intervista afferma che l’unione partenopea promuoverà lo strumento delle reti di impresa ma che sia necessario ricordare che poi la spinta a realizzare le reti deve partire dal basso, dalle stesse imprese che intenderanno utilizzare questo strumento per esplorare con maggiore forza nuovi mercati e nuovi clienti.
Mentre era dei primi di luglio l’ufficializzazione della rete “Arcipelago reti di impresa per il turismo” di Sorrento al suo primo obiettivo: quello di realizzare una piattaforma web unica per tutte le imprese turistiche del territorio.

Ricordiamo che erano di maggio le notizie dell’avvio del progetto da parte di Roberto Testore dal titolo Green Economy Network con il patrocinio di Assolombarda per l’avvio di uno sportello per l’internazionalizzazione USA delle aziende italiane operative nel campo dell’energia e della green economy e localizzate tutte nel territorio compreso tra Milano e Bergamo; come la notizia della Direzione Marketing Imprese di Intesa San Paolo, Roberto Dal Mas, di aver avviato servizi mirati alle reti di imprese e agevolazioni mirate per il credito con il supporto di consulenti per la valutazione delle opportunità di aggregazione insieme al country manager di Unicredit Gabriele Piccini che ha deciso di dedicare l’ottava edizione del Premio Ok Italia del Gruppo a una selezione di reti di impresa (sedici più una per la precisione). E sempre lui, in intervista pubblica, afferma di aver individuato tre tipologie fondamentali di rete: quella del sapere, quella del fare e quella del fare insieme. La prima si aggrega intorno ad esigenze di know-how e di informazione, le seconde creano delle filiere integrando verticalmente i fornitori a monte e i venditori a valle e instaurando rapporti di collaborazione stabili e le ultime si aggregano con l’obiettivo di realizzare progetti di investimento comuni ripartendo i costi totali e tutelando il prodotto finale (internazionalizzazione).

Mancano però dei tasselli importanti: certezza giuridica e non si capisce come dare solidità legale al contratto e come deve essere organizzata la struttura. Mentre i vantaggi sono rappresentati principalmente dalla possibilità di risparmiare il 75,37% per il periodo di imposta al 31 dicembre 2010, verificando l’adeguatezza del business plan con risorse tecniche e consulenziali presenti al’interno delle banche.

Ad oggi le altre banche che abbiano pensato delle misure specifiche per il credito delle imprese in rete sono Ubi Banca e BNL.
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La bussola di a l i p e r
Posted 23 maggio 2011
da un articolo di Gianni Trovati

I monitoraggi periodici della Ragioneria generale dello Stato testimoniano puntualmente i tassi di realizzazione al rallentatore che caratterizzano le Regioni italiane; l'ultimo, aggiornato a fine 2010, mostra che nelle Regioni del Mezzogiorno (obiettivo Convergenza) i pagamenti sono fermi a19,6%, mentre nel resto d'Italia (obiettivo Competitività) si raggiunge il 18,8%. L'analisi condotta dall'Ifel (la fondazione Anci sulla finanza locale) sulla base degli elenchi dei beneficiari stilati dalle Regioni, però, fa un passo in più, e mette nere su bianco i mali che stand alla base di risultati così deludenti: frammentazione degli interventi, confusione fra gestione e programmazione, dirottamento dei fondi comunitari su programmi tutt'altro che "strategici", spesso con l'obiettivo malcelato di utilizzare le risorse Ue per quello che non si riesce più a realizzare coni soldi propri. Il primo è il dato più eclatante. Ai Comuni, sulla base della distribuzione condotta finora, andrà poco più di un quarto dei 30,6 miliardi di euro che il fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) dedica al nostro Paese nel ciclo di programmazione 2007-2013. Solo i sindaci, però, sono titolari di 2.410 progetti, distribuiti in 1.293 enti locali in pratica, ogni sei Comuni italiani uno è titolare di almeno un progetto da finanziare con il Fesr. Questa quota sale al 43% nelle Regioni del Mezzogiorno e raggiunge lo stellare 89% in Calabria, epicentro ineguagliabile della creatività locale a libro paga dell'Unione Europea. Gestire in tempi umani 1.049 iniziative in 364 Comuni diversi, che hanno bisogno di assistenza e coordinamento, sarebbe un'impresa impossibile anche per amministrazioni ben più strutturate di quella calabrese. Risultato: il 40% delle iniziative presentate è ancora all'anno zero. E pensare che, vista anche l'esperienza del passato, la "concentrazione" delle risorse su iniziative forti era uno degli asset del nuovo ciclo di programmazione. La realtà dell'Italia a caccia di fondi Ue è diametralmente opposta: tolte le metropolitane di Napoli e Palermo, e la linea ferroviaria Roma-Viterbo, sono pochissime le iniziative in grado di uscire da un anonimato per mostrare il proprio effettivo valore strategico. Il 43,5% dei progetti non supera i 15omila euro di valore, una somma sufficiente a ristrutturare al massimo un paio di bilocali: le infrastrutture possono attendere. La polverizzazione delle risorse trasforma in una chimera la possibilità stessa di un monitoraggio efficace sui risultati effettivi ottenuti con l'impiego di risorse europee. Lo stesso problema si verifica con l'assegnazione diretta a privati, destinatari del 41,5% dei fondi Ue con picchi al Nord (in Piemonte va ai privati il 95,7% dell'assegno europeo), in genere piccoli e piccolissimi operatori economici. Il fenomeno si verifica anche nelle Regioni dell'obiettivo Convergenza (in Puglia la quota destinata ai privati è il 57,9% del totale), dove dovrebbe essere ancora più forte l'indirizzo dettato dall'Unione di privilegiare politiche in grado di chiudere la forbice di infrastrutture e servizi pubblici rispetto ai territori più ricchi. Dal punto di vista degli obiettivi dichiarati, la fetta più importante delle risorse dovrebbe servire alla «riqualificazione» di aree urbane, industriali e commerciali (36,2% dei fondi assegnati finora) e ad interventi per la mobilità (33,3%), il resto finisce nei capitoli dedicati alla «salvaguardia del territorio» (0,9%), al patrimonio artistico e culturale (0,4%), e solo piccoli rivoli vengono destinati all'«efficienza energetica» e all'«inclusione sociale». Capire in che misura questi obiettivi siano teorici e quanto invece rispondano ad azioni reali è uno dei compiti del monitoraggio ministeriale, con le verifiche appena avviate per evitare lo smacco del disimpegno automatico che lo Stato ha pensato di ovviare prevedendo di far intervenire direttamente lo Stato in sostituzione della Regione qualora in difficoltà nell’assegnazione di alcuni fondi.
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La bussola di a l i p e r
Posted 19 aprile 2011

Prendi un'azienda, mettila in rete e otterrai una serie di vantaggi competitivi. Lo slogan può apparire banale, ma nasconde i risultati di una ricerca qualitativa svolta dal ministero dello Sviluppo economico, attraverso interviste approfondite a 21 imprese appartenenti ai contratti di rete. Si scopre che non è tanto la leva fiscale a spingere il sistema, ma vantaggi industriali, minori costi di acquisto, accesso al credito facilitato e la maggiore competitività. La Gsm, prima rete italiana legalmente costituita nel marzo del 2010 per esempio, nasce da un rapporto fiduciario tra quattro imprese attive nel settore metalmeccanico ma appartenenti a segmenti diversi della stessa filiera. Coordinandosi tra loro le imprese hanno capito che avrebbero potuto ottenere maggiore efficienza negli ordinativi. E così è stato. Hanno semplificato la filiera degli acquisti con benefici in termini di ricarichi più contenuti. In più, la rete ha creato un ufficio unico che gestisce e smista gli ordini, con vantaggi anche in termini di tempi e modalità di gestione. Non solo benefici, però. Nel caso di questa rete, per esempio, la criticità principale è rappresentata dalla mancata autonomia patrimoniale: le imprese del contratto hanno creato una srl per gli aspetti operativi non potendo gestirli direttamente con la rete. Anche l'internazionalizzazione emerge come fattore di stimolo all'aggregazione. E il caso di Automation Net, rete in provincia di Ancona, costituita da tre imprese attive nel campo degli elettrodomestici. Attraverso l'aggregazione le aziende stanno puntando a espandere i mercati di sbocco in Italia e all'estero (in particolare in Turchia) e a fare attività di promozione e organizzazione di fiere in comune. Un modo per ottimizzare la comunicazione anche attraverso la recente decisione di costituire un logo comune di rete. In più, puntano a migliorare il rapporto con le banche, finora piuttosto difficile. Altro motivo di aggregazione è dato dal trasferimento di informazioni. Succede per una rete di Catania, Membrane Dialitiche in Polisulfone, nata appunto per la trasmissione di know how: l'impresa, unica in Italia a produrre membrane dialitiche cave, sta lavorando alla produzione di queste con le Università di Palermo e Catania e il Campus di Roma. Nel caso di Racebo, rete in provincia di Bologna, composta da10 imprese attive nei settori moto e auto, il contratto ha rappresentato un beneficio per l'interazione tra le diverse aziende che si pongono alla clientela finale come un unico riferimento. Le aziende lavorano adesso con uno standard comune di qualità e hanno accorciato i tempi di lavorazione, rendendo più rapida l'offerta dei prodotti. In più, si è registrato un miglioramento dal punto di vista finanziario in quanto ogni impresa è diventata acquirente e fornitrice dell'altra: si è creato così un sistema di bilanciamento economico fmanziario tra le diverse imprese. Il completamento della filiera è il principale motivo che ha portato all'aggregazione di quattro società della provincia di Verona nella rete Energy4Life, cui si è aggiunta successivamente una banca. Le aziende attive nel settore dell'energia si sono rese conto che il presidio di singole fasi non era sufficiente a garantire un'efficiente gestione del mercato energetico. Al contrario, l'integrazione degli aspetti tecnologici con quelli a valle della filiera assicura vantaggi competitivi sia dal punto di vista produttivo, sia commerciale. Insomma l'analisi evidenzia i numerosi vantaggi per le imprese ma anche i limiti di una normativa ancora tutta da perfezionare.
Noi, per il momento, ci fermiamo sul bene. Ecco tutti i vantaggi della cooperazione tra imprese:
  • Completamento della filiera
  • Autonomia patrimoniale
  • Fiscalità di vantaggio
  • Vantaggio industriale
  • Condivisione di know - how
  • Marchio di rete
  • Strumento normativo
  • Semplificazione della filiera
  • Accesso al credito

L'obiettivo degli imprenditori è quello di «trovare una forma giuridica nuova per le alleanze che favoriscano la competitività delle imprese» ha detto il presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini, aprendo le giornate dedicate da Confindustria alle "reti".

Per ora è un semplice «contratto», ma, come si dice, il cantiere è aperto. «Stiamo lavorando duramente per dare alle reti d'impresa una veste giuridica e un supporto normativo tali da lanciarle come la vera novità del panorana industriale italiano» ha detto lunedì 18 aprile a Milano Aldo Bonomi, vicepresidente bresciano di Confindustria con delega per le politiche territoriali e i distretti industrtiali, durante un roadshow di presentazione in Assolombarda di Retlndustria, la società guidata da Edoardo Garrone che gestisce una quarantina di convenzioni per le imprese associate, e Retlmpresa, la struttura guidata da lui. Commentando il decreto sulle reti d'impresa della scorsa settimana Bonomi ha aggiunto che «rappresenta un buon punto di partenza ma non è sufficiente». I vantaggi del decreto reti' per le aziende secondo Bonomi sono due: «Le aziende che hanno utili fino a un milione di euro, se decideranno di investirlo nella rete d'impresa, sarà defiscalizzato»; poi il fatto che «le piccole e medie imprese possono mettersi in rete e diventare più grandi senza che gli imprenditori perdano la propria autonomia». Sono ancora molti i fronti aperti, sottolinea Bonomi, ma sui due più importanti si sta già lavorando. «Ci stiamo occupando — dice — delle difficoltà che ci sono ancora dal punto di vista legislativo ma anche finanziario». Abbiamo bisogno, spiega, di un «codice identificativo che viene dato dall'Agenzia delle entrate e che stiamo aspettando». In secondo luogo è necessario che il sistema bancario esprima «rating» di rete, ma finora l'ha fatto solo la banca inglese Barclay. Retelndustria negozia convenzioni per conto delle imprese aderenti verso fornitori di beni e servizi (oggi una settantina). Consentono risparmi medi del 10%, che «a volte supera in valore assoluto la quota associativa» ha detto Garrone.

Tutti i  riferimenti normativi e finanziari:L'articolo 3, comma 4-ter e seguenti, del Dl n. 5/2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33/2009, ha individuato nell'atto pubblico o nella scrittura privata autenticata la formula giuridica del contratto di rete; la manovra di stabilità del 2010, all'articolo 42, ha previsto vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari per le parti. In particolare, l'agevolazione contenuta nel nuovo decreto, prevede che gli utili destinati al progetto di rete non concorrono a formare il reddito d'impresa; il tetto di questo vantaggio fiscale per ogni azienda è di 1 milione di euro. La Ue ha dato il via libera, non considerandoli aiuti di Stato.

 Per l'attuazione della misura, sono a disposizione: 20 milioni di euro per il 2011 e 14 milioni rispettivamente per il 2012 e il 2013, per favorire le reti d'impresa; 30 milioni di euro derivanti nell'accordo di programma firmato poche settimane fa dal Ministero dello sviluppo economico e dall'Unioncamere; incentivi regionali.
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AAA Certezze cercansi
Posted il 15 aprile 2011


Lo scopo del contratto di rete, lo ricordiamo, è quello di accrescere, individualmente e collettivamente la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e quindi di collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa (comma4-ter dell'articolo 3 del Dlgs 05/09). Ora, se i costi che vengono dichiarati dai singoli soggetti sostenuti per le finalità del "programma di rete" sono serviti esattamente (ed esclusivamente) per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete asseverato questo dà diritto a uno sgravio fiscale per la singola impresa fino a 1 milione di € del proprio reddito d’impresa. Ma chi siano e come operino gli organismi di asseverazione non è ancora chiaro e tanto meno che cosa si intenda per verifica sostanziale.
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Archivio _ 2010
Posted il 7 aprile 2010

E' al via la prima esperienza di "rete d'imprese" di Confindustria
E' partita il 31 marzo 2010 in Toscana, "Assoservizi Toscana Sud-Rete d'Imprese", la prima rete d'imprese nazionale su iniziativa delle associazioni territoriali di Arezzo (Giovanni Inghirami), Grosseto (Mario Salvestroni) e Siena (Cesare Cecchi). Si tratta di un soggetto giuridico previsto dalla l 99 del 2009 ed è un passo avanti rispetto agli Ati, Associazioni Temporanee d'Impresa.
Gli industriali toscani centralizzano e coordinano attraverso l'Agenzia i programmi di ricerca e sviluppo, la formazione e i progetti editoriali e di comunicazione (vedi la rivista Ies, Industria e Sviluppo). L'aggregazione siglata ha un peso economico di 3,5 milioni e si rivolge a una platea di 1.330 aziende, per 40mila addetti. Prossimo passo è il sostegno al progetto Best Performer, per dare assistenza a chi abbia nuove idee per sviluppare nuovi business: "Sarebbe opportuno unire le forze, spingere gli imprenditori a mettersi insieme , soprattutto quando si va sui mercati internazionali", commenta Cesare Cecchi.
Anche a livello nazionale la Confindustria (Aldo Bonomi,vicepresidente per le politiche territoriali e i distretti industriali e Edorado Garrone vicepresidente per l'organizzazione e il marketing associativo) ha creato RetImpresa, agenzia dedicata ai nuovi modelli di alleanza imprenditoriale. L'Agenzia ha promosso il Progetto Rating - Un modello evoluto per accompagnare lo sviluppo delle reti d'impresa" (RatImprea e Associazione Premio Qualità Italia).

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Ne sarà poi contenta la cappella Sistina?
Posted il 12 aprile 2011



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Elogio della semplicità
Posted sabato 24 aprile 2010

Dopo la mostra dedicata ad Alan Rankle e Kirsten Reynolds, ha aperto il 25 marzo alla Fondazione Stelline ( fino al 20 giugno) una collettiva curata da Giorgio Verzotti sul tema dell’essenzialità nella pratica artistica.

Sono 50 le opere in mostra e i nomi degli artisti non lasciano dubbi sulla “semplicità” dei lavori: da Richard Long a Niele Toroni, da Alberto Burri a Lucio Fontana, da Tony Cragg a Bruce Nauman, da Grazia Toderi a Luca Trevisani. Semplicità nelle relazioni e nei significati, semplicità nei materiali e semplicità nell’approccio creativo caratterizzano da sempre i percorsi degli artisti in mostra, ma le loro opere presentano sicuramente una complessità che emerge nel loro lato concettuale e nella reazione emotiva dello spettatore.
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I come....?
Posted marzo 2010

Sono molte le parole che iniziano con la lettera I, la maggior parte sono verbi, alcuni aggettivi e poi gli altri sono sostantivi e nomi di persona o di paesi. Provo a cercarne qualcuno e li butto giù, a caso, poi li sparpaglio, volutamente perchè mi rendo conto di come ciascuno abbia riflessi sul mio inconscio. Alcuni sono connotati in positivo, in modo forte e rimarcato, altri sono più negativi, difficili e oscuri.

Innamoramento, Impronta, Intelligenza, Istinto, Immaginazione, Idea, Inchino, Indonesia, Ideologia, Igiene, Illazione, Imbarazzo, Impasto, Impatto, Immondizia, Impeto, Impiastro, Impianto, Impressione, Imperatore, Impiego, Improvvisazione, Impresa, Investimento, Informazione, Italia, Impulso, Incendio, Inconscio, Immobilità, Intrigo, Indice, Irlanda, Indigeno, Indizio, Innovazione, Impegno, Indirizzo, Indovino, Innocenza, Incontro, Individuo, Industria, Indomani, Indigestione, Idrogeno, Iraq, Infanzia, Infarto, Infermiere, Inferno, Infezione, Infrazione, Ingegnere, Inganno, Ingaggio, Ingranaggio, Ingresso, Inizio, Insalata, Insetto, Inserzione, Interruttore, Interprete, Immagine, Interruzione, Iran, Intimità, Ingegno, Introito, Intruglio, Invenzione, Investimento, Ira, Isola, Islam, Incentivo, Imposta, Imbuto, Illusione, Immoralità, Immortalità, Inizio, Indomani..... e quanti ancora potrebbero venire in mente.

Tra tutte queste parole, questi sostantivi in elenco, ne scelgo tredici quelli che associo immediatamente e che preferisco. I, per me, è la lettera di Italia innovazione e impegno, di innocenza e incontro. E' la lettera di innamoramento ma è anche la lettera di impresa, investimento e informazione, di ingegno, impronta, intelligenza e istinto.
Tu, quale nome comune o proprio, associ alla lettera I ? I come ..... ?





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