lunedì 5 settembre 2011

Israele chiama le Pmi italiane

* di Caterina Ruggi d'Aragona


Israele chiama Italia. Italia chiama Israele.

Gli scambi commerciali tra i due paesi sono cresciuti del 25% tra il primo semestre 2009 e il primo semestre 2010. E aumentano a ritmo serrato: a fine 2010, l'Italia è diventata il quarto partner commerciale di Israele dopo Stati Uniti, Cina e Germania. Tra il 2009 e il 2010 le importazioni israeliane in Italia, pari a 699 milioni di dollari, sono cresciute del 26,8%. Risultato: un aumento del surplus del saldo commerciale a favore del nostro Paese per 437 milioni di dollari. «Israele offre agli imprenditori italiani importanti opportunità», dice il consigliere pergli affari economici dell'Ambasciata di Israele in Italia, Tamar Ziv.

Una vitalità, questa, che però lascia indietro la classe medio-bassa, con salati inadeguati al costo di affitti, benzina, alimenti. Sono stati proprio questi i motivi scatenanti della protesta delle tende, battezzata anche "tentifada", che ha avuto il suo picco nella prime due settimane di agosto. «A fine settembre dovrebbero arrivare le raccomandazioni della commissione di 15 esperti di economia sociale istituita dal primo ministro Benjamin Netanyahu» annuncia Tamar Ziv: è la risposta agli "indignados", i 25omila cittadini (pari al 3% della popolazione israeliana), soprattutto giovani, che hanno occupato il centro di Tel Aviv per protestare contro il caro-vita. «L'Italiae lo Stato di Israele sono due Paesi molto compatibili - osserva la signora Ziv - il primo con un'industria forte in molti settori, il secondo con un'economia più piccola che però negli ultimi anni ha aggiunto alla tradizione plastica, ai minerali e alla chimica l'eccellenza su hi-tech, biomedicina, innovazione agricola, security, It ed energie rinnovabili. Tutti settori legati all'innovazione tecnologica».

Le opportunità più interessanti per gli investitori italiani riguardano soprattutto le tecnologie per l'agricoltura, i processi alimentari, il trattamento delle acque, l'energia solare, la sicurezza, le attrezzature mediche e il bio-pharma. «Un saldo della bilancia commerciale positivo e uno scambio di beni e servizi cresciuto a doppia cifra nel 2010 e nei primi mesi del 2011- conferma Michele Pignotti, head dei Paesi Mediterranei & Africa di Euler Hermes - fa sì che Gerusalemme parli sempre più italiano, almeno nei principali settori merceologici del made in Italy.

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